Diagnosi prenatale - sindrome di Patau

La sindrome di Patau deriva da un’alterazione genetica del cariotipo, in particolare è una trisomia del cromosoma 13. È una malattia genetica rara che colpisce tra 1 su 5.000 e 1 su 20.000 bambini nati vivi. Particolarmente colpiti da questa patologia sono gli individui di sesso femminile. Nei feti affetti da questa trisomia, la morte endouterina si verifica in oltre il 95% dei casi. Il meccanismo che prevalentemente causa questa anomalia cromosomica è la non disgiunzione dei cromosomi durante la divisione cellulare.

La trisomia 13 determina danni al sistema nervoso centrale e all’apparato cardiaco. La sindrome di Patau determina conseguenze di vario tipo:

  • ritardo mentale e disturbo motorio, microcefalia, oloprosencefalia , difetti strutturali dell’occhio tra cui microftalmia, cataratta, displasia della retina o distacco della retina, anoftalmia, ciclopia, perdita visiva corticale, e ipoplasia del nervo ottico, mielomeningocele;
  • polidattilia e sovrapposizione delle dita, difetti alle orecchie e piedi, mancanza di parte della pelle e/o capelli, palatoschisi;
  • difetti genitali e renali;
  • difetti cardiaci;
  • ritardo nella crescita.

Il trattamento chirurgico delle malformazioni può migliorare solo minimamente la prognosi poco favorevole associata a questa sindrome, curando i lievi sintomi (quali labbro leporino ad esempio).

La trisomia 13 può essere sospettata in gravidanza attraverso l’ecografia, con cui il ginecologo potrebbe riconoscere l’oloprosencefalia e la polidattilia. In caso di esiti dubbiosi o sospetti il ginecologo e i genitori valuteranno se ricorrere o meno agli esami per lo studio del cariotipo del nascituro (amniocentesi o villocentesi ad esempio). Tuttavia tali metodiche, utilizzate per prelevare campione fetale su cui analizzare le cellule del nascituro, non sono esenti da rischi di aborto. Ad oggi, grazie ai test di screening prenatale non invasivi, come ad esempio il test del DNA fetale, possono essere ricercati in prima istanza i marcatori della malattia analizzando un campione di sangue materno, non esponendo quindi gestante e feto ad alcun rischio. Qualora l'esito di questi esami fosse positivo, la donna in gravidanza dovrà sottoporsi, su indicazione del ginecologo, ad accertamenti diagnostici.